L’Istituto Serafico di Assisi ha condotto una ricerca su ragazzi delle scuole superiori: “L’ansia per la matematica a scuola si ripercuote anche da adulti: condiziona l’immagine di sé, l’autostima e l’interazione sociale”
Lo cantava Antonello Venditti la notte prima dell’esame di maturità: la matematica non sarà mai il mio mestiere. E, proprio come il cantautore romano, tanti studenti in procinto di tornare sui banchi di scuola giurano che la scienza dei numeri rappresenta una delle fonti di maggiore stress. Questa condizione adesso può essere dimostrata.
Il Centro Studi per i Disturbi Specifici dell’apprendimento e il Centro Ricerca ‘InVITA’ dell’Istituto Serafico di Assisi – centro di eccellenza per la cura e la riabilitazione di bambini e ragazzi con disabilità gravi e gravissime – hanno condotto uno studio su 100 studenti della scuola superiore al fine di studiare la possibile correlazione fra gli stati ansiosi e un cattivo rendimento nella matematica. Lo studio ha evidenziato che un elevato livello di ‘ansia matematica’ (con una media di 21,79 su una scala da 9 a 45) è correlato a peggiori performance nei test matematici.
In particolare: gli studenti con livelli alti di ansia hanno ottenuto punteggi significativamente inferiori rispetto a quelli con ansia bassa. Il 42,47 degli studenti non ha mostrato miglioramenti – con un calo da 17,03 a 14,87 punti – e questo sottolinea l’importanza di affrontare l’’ansia matematica’ per favorire l’apprendimento.
Lo studio è durato per tutto un anno scolastico: agli studenti del campione è stato sottoposto un test di valutazione delle abilità matematiche, la Battery for the Assessment of Calculation Ability, un insieme di test utilizzata comunemente nelle scuole italiane per valutare le competenze matematiche degli studenti che include problemi di diversa complessità.
Il punteggio medio ottenuto dai partecipanti nel test finale è stato di 16,37. Inoltre, per misurare i livelli di ansia matematica è stata utilizzata la Abbreviated Math Anxiety Scale (AMAS), un questionario di 9 item con punteggi variabili da 9 a 45, e lo State and Trait Anxiety Inventory (STAI-Y), per distinguere l’ansia specifica per la matematica dall’ansia generale.
“Si tratta infatti – spiega Gianni Lanfaloni, psicologo del Serafico e responsabile del Centro dei DSA dell’Istituto – di un’ansia specifica che compare esclusivamente quando il soggetto deve confrontarsi con i numeri.
E’ una forma di inquietudine che non si manifesta di fronte ai compiti di altre materie e che si differenzia sensibilmente da altre forme come l’ansia di tratto, l’ansia di stato o l’ansia sociale” ha spiegato il dottore, sottolineando come “questa reazione negativa può manifestarsi in vari modi: a livello emotivo, fisico e comportamentale, e la sua gravità può essere tale da determinare una vera fobia che si presenta a qualsiasi età quando ci si deve confrontare con competenze matematiche”.
L’ansia per la matematica, dunque, può essere la conseguenza di ripetuti insuccessi scolastici. Ma può esserne anche la causa: una volta innescata, più elevata è l’ansia, più peggiorano le prestazione nelle prove di calcolo, diminuisce la capacità di apprendimento e diventa più difficile il raggiungimento del livello minimo di competenze richiesto in base all’età e alla classe frequentata.
“Il pericolo – ha continuato Lanfaloni – è che l’ansia si rafforzi con il progredire degli studi per poi stabilizzarsi in età adulta. La paura del fallimento, della reazione delle altre persone, dell’imbarazzo e dell’umiliazione o semplicemente di un brutto voto, possono condizionare l’immagine di sé, l’autostima e l’interazione sociale, generando nei casi più gravi anche problematiche comportamentali. Utilizzare dei questionari come l’AMAS per individuare la presenza di ansia per la matematica permetterebbe di individuare gli studenti a rischio ed attivare adeguate procedure di supporto”.
L’indagine svolta dall’Istituto Serafico – condotta da Massimo Piccirilli, Sandro Elisei, Gianni Alberto Lanfaloni, Livia Buratta, Beatrice Ciotti, Alessandro Lepri, Cristina Azzarelli, Silvia Ilicini, Patrizia D’Alessandro – i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista ‘Frontiers in Psychology’, come suggerisce ancora Lanfaloni “dovrebbero indurre i docenti a modificare significativamente le metodologie e le strategie di insegnamento, da una parte abbandonando l’idea-mito secondo cui o si ha il ‘pallino’ della matematica o è inutile insistere nell’impararla, dall’altra aumentando la consapevolezza che la dimensione emozionale ha un impatto significativo sull’apprendimento e che promuovere solo il ragionamento e la logica non rappresenta la modalità didattica più efficace”.